Scudo tricolore in tavola | La cucina italiana candidata all’UNESCO: cosa significa per le nostre ricette
Una svolta epocale per la tavola italiana. La nostra cucina non è più solo una raccolta di ricette, ma un tesoro culturale che punta al massimo riconoscimento mondiale.
Il Governo italiano, su proposta dei ministri Francesco Lollobrigida e Gennaro Sangiuliano, ha ufficialmente candidato la cucina italiana a patrimonio culturale immateriale dell’UNESCO. La proposta, approvata all’unanimità, ha avviato un percorso che potrebbe portare i sapori di casa nostra, dalla carbonara al pesto alla genovese, a essere tutelati come un monumento, al pari di siti archeologici e opere d’arte. L’interesse è altissimo, perché questa mossa non è solo simbolica, ma mira a proteggere un’identità minacciata da imitazioni e banalizzazioni.
La decisione arriva in un momento cruciale, in cui il fenomeno dell'”Italian sounding” genera miliardi di euro vendendo prodotti che evocano l’Italia senza averne l’origine o la qualità. La candidatura UNESCO rappresenta una risposta forte e istituzionale, un modo per dire al mondo che la vera cucina italiana è un insieme di pratiche, saperi e rituali sociali che meritano rispetto e tutela. Il dossier, intitolato “La cucina italiana tra sostenibilità e diversità bioculturale”, è ora a Parigi per essere esaminato.
Perché una ricetta diventa patrimonio dell’umanità
Entrare nella lista del patrimonio immateriale UNESCO non significa semplicemente proteggere un elenco di ingredienti. L’obiettivo è salvaguardare l’insieme di pratiche sociali, riti e gesti che definiscono la convivialità italiana. Si tratta di riconoscere il valore culturale del pasto come momento di condivisione, della preparazione dei piatti come un sapere tramandato di generazione in generazione e del legame profondo tra cibo e territorio. È un concetto che l’Italia conosce bene, avendo già ottenuto il riconoscimento per elementi come l’arte del pizzaiuolo napoletano.
Questa candidatura, quindi, non celebra solo il prodotto finito, ma l’intero processo che lo circonda: dalla cura degli ingredienti alla biodiversità agricola, fino ai riti familiari e alle feste di paese. È la difesa di un modello culturale che mette al centro la persona e la comunità, un valore che rischia di perdersi nella globalizzazione dei sapori. Il percorso di valutazione sarà lungo e si concluderà, secondo le previsioni, non prima del dicembre 2025.
Cosa cambia ora per la cucina di casa e i ristoranti
L’eventuale riconoscimento da parte dell’UNESCO avrebbe conseguenze concrete e profonde. In primo luogo, aumenterebbe a dismisura il prestigio della nostra tradizione culinaria a livello globale, rafforzando l’immagine del Made in Italy e attirando un turismo enogastronomico ancora più consapevole e qualificato. Per i produttori, significherebbe una maggiore tutela contro le contraffazioni, offrendo una garanzia di autenticità riconosciuta in tutto il mondo.
Anche a livello nazionale, l’impatto sarebbe significativo. Potrebbe stimolare un rinnovato orgoglio e una maggiore attenzione alla salvaguardia delle ricette regionali e dei prodotti locali, incentivando scuole, istituzioni e famiglie a diventare custodi attivi di questo patrimonio. I ristoratori italiani, in patria e all’estero, potrebbero fregiarsi di un marchio di garanzia culturale che va ben oltre le stelle e le recensioni.
Questa iniziativa trasforma un piatto di pasta da semplice alimento a un vero e proprio atto culturale, un simbolo di identità nazionale che l’Italia chiede al mondo intero di riconoscere e proteggere per le generazioni future.
